Doppia intervista: Linda Bosa e Stefano Livio a confronto



di Giorgio Agosta del Forte

PREMESSA

Quando proposi alla redazione di Teatroindirigibile l’idea di una doppia intervista ai protagonisti de Euridice, furono felici e contenti, anch’io ero felice e contento, tutti quanti eravamo felici e contenti.

Ma allora, ero ignaro che questo compito sarebbe gravato sulle mie spalle. Da quel momento fui un po’ meno felice e un po’ meno contento, poiché la mia pigrizia é un’amica ancora cara.

Tuttavia la doppia intervista l’ho svolta e mi sono divertito molto ma anche gli intervistati si sono divertiti molto e credo che, anche voi, nel leggerla farete fatica a trattenere la serietà.

Istruzioni per l’uso:

 S: Stefano
L: Linda


DOPPIA INTERVISTA

Codice fiscale?

S: LVSFN…9? Non mi ricordo, c’è il documento per questo!
L: BSOLND93E67C933W

Gruppo sanguigno?

S: Slayer (questa è una perla)
L: Zero positivo

Segno zodiacale?

S: Bilancia. Ma non metterti a fare l’oroscopo, adesso!
L: Gemelli

Professione?

S: Magari!
L: Studentessa.

Colore preferito?

S: Dipende… adesso il verde.
L: Verde.

Regalatevi un insulto

S: Sei più morta che viva! E ddatte ‘na strjata, Euridì’!
L: Con il nostro intervistatore condividi un alternativo senso della moda..

Ora, però fate la pace e ditevi qualcosa di carino

S: Quantunque morta, sei sempre bella.
L: La prima volta che ti ho visto, ho pensato che assomigliassi ad Edward Cullen ma più abbronzato. Perché sarebbe un complimento?! Come osi, Twilight è stato un mito adolescenziale, nonché riferimento culturale, per un’intera generazione!!

Artista che ascolti maggiormente?

S: Direi Elton John; tuttavia, rischierei di sembrare politicamente ipercorretto-ipocrita-scassamaroniconleparitàdisticavoli: rinnego il geniale Elton, in questa sede. Per cui dico… Pupo! Ahah, no, dai… Puccini, nel mio caso.

L: Per quanto riguarda la musica sono sempre stata molto esigente, ascolto soprattutto artisti internazionali e mi piace distinguermi dalla massa. Al momento la mia maggiore fonte di ispirazione è un artista emergente canadese di grande talento: Justin Bieber!

Charles Darwin o Gregor Mendel?

S: Darwin, che domande! Forse perché Mendel studiava il comportamento… dei piselli.

L: Mendel! Da studentessa di genetica in erba, quando ho scoperto la trasmissione genetica non-Mendeliana e il fenomeno della dominanza incompleta, ho rivalutato il suo lavoro e l’ho molto rimpianto! Lui sì che la faceva sembrare semplice, con i suoi fiori bianchi o rossi e le rughe dei piselli!

Cosa ne pensate del Wrestling con gli alluci? Ritenete che il campione inglese Alan “Nasty” Nash possa conservare il titolo?

S: Spero che tutto ciò sia un delirio generato dalla tua buffa fantasia…

L: Ti ringrazio molto per questa domanda. Da podofoba incallita la sola idea mi ha fatto accapponare la pelle. Augurandogli tutto il bene e indipendentemente dai suoi crediti sportivi..voglio solo sperare che il signor “Nasty” Nash abbia preso il nome dalla propria irregolarità sul ring, piuttosto che dalla regolarità nell’igiene.

Qual é il libro che avete sul comodino?

S: Anche in questo caso dipende… fino a pochi giorni fa c’era la Bibbia (Giobbe). Tuttora perdura la torre di Topolini, immancabile; al suo fianco adesso una “Introduzione a Leibniz”.

L: “Breve storia di (quasi) tutto”, di Bill Bryson.

Pensate che queste siano domande del cavolo?

S: Se vedessi la mia faccia, non credo mi porgeresti la domanda.

L: Assolutamente no, solo il frutto illuminato di una mente creativa! (L’adulazione mi salverà dalla parte difficile che sono sicura stia per arrivare?)

Allora, mi sapete esporre il primo principio di Kirchhoff?

S: Data una quantità apprezzabile di domande sconnesse e bislacche, estraete un quesito, ragionevolmente fuori dalla portata di un interlocutore di media cultura; otterrete un pessimo tentativo di evitare una scena muta. (metacomunicazione)

L: Certamente sì. Però non te lo dico. Non vorrei mai privare il lettore del piacere di andare a cercarla su Google per ampliare la propria cultura generale.

Ahah, non fate più gli spavaldi, o sì?

S: Ma sì, un po’ sì.

L: Ok, no. Non so nemmeno chi sia questo Chirsciott.

Basta gingillarsi. Iniziamo con domande intelligenti? Che domande vi fareste?

S: Sai che sei bellissimo?

L: Credo che per ogni spettacolo ci sia un “motivo”: una ragione singolare e specifica per cui ti abbia lasciato qualcosa quel preciso testo, quell’unica esperienza; il perché ne sia valsa la pena, insomma. Mi chiederei quale sia stato il motivo di questo spettacolo.

Avete gesti o riti scaramantici prima di entrare sotto i riflettori?

S: Guardo il soffitto del palco, i volti degli altri, tutto il mondo teatrale precluso alla vista della platea; assaporo la rarità della sensazione, un po’ rabbrividisco e dopo sorrido. Poi penso che non posso sbagliare, altrimenti tutto crolla. Allora smetto di sorridere e rido davvero, di gusto. … poi, ovviamente, comincio a cagarmi sotto.

L: Generalmente io mi trasformo in una sociopatica. Mi rintano dietro le quinte con il mio copione, mi accuccio in un angolino, al buio, non parlo con nessuno, e mentre lo stringo al petto mi dondolo avanti e indietro sussurrando “il mio tesssssorooo”.

Come vi siete preparati per la parte?

S: Ho sperimentato una nuova tattica suggerito dal saggio “Trattatistica comparata di drammaturgia ecosostenibile postmoderna”; diceva di leggere il copione. Straordinario! Scherzi a parte, lavoro sodo con Renzo, non ci sono storie!

L: Per cercare di conoscere un nuovo personaggio, parto sempre dal testo. Leggo attentamente, raccolgo ogni parola sforzandomi di intravedere un senso, o un’intenzione. La verità del mio personaggio si trova in fondo agli occhi. Gli occhi sono la chiave. Al di là della storia; al di là dell’attrice; al di là della tela di parole e di spiegazioni che incarta gli eventi e lascia increspature e distanze tra le persone. Ho cercato di guardare Euridice negli occhi, di vedere il colore del fondo.

Avete letto il mito originale?

S: Io conosco la versione di Ovidio, anche perché trovarne l’originale è come stabilire l’identità di Omero. Ad ogni modo, è formidabile. Alle volte trovo più saggezza nei miti, in pochi versi dolcemente ricamati, nel loro asserire indistinto e intuitivo, di quanto non ne possa ricavare dal rigore speculativo di filosofi ed epistemologi. Come diceva Amleto? “Ci sono più cose in cielo e in terra di quante ne sogni la tua filosofia, Orazio!”

L: La trama del mito la ricordavo dalle ore di epica nei primi anni del liceo, però non ho mai letto l’opera originale. Mi è capitato spesso, per la verità, di conoscere per la prima volta in teatro, anche da spettatrice, testi che non avevo mai letto prima. Il che non è sempre un male, forse, perché la trama stessa diventa parte della sorpresa della messa in scena. A maggior ragione, posso dire di vivere letteralmente il teatro come forma di cultura oltre che di arte!

Quale caratteristica del personaggio ti é più difficile portare in scena?

S: Più di tutte la virilità, ma questo si sapeva… Quindi dico la sua grazia.

L: Senza dubbio la convivenza all’interno del suo carattere di speranza e disillusione. Euridice è una ragazza che sogna forte ma allo stesso tempo nella vita ha visto di tutto. Parafrasando una battuta del testo che mi è rimasta impressa: dopo avere camminato dentro la vita, il vestito di Euridice sarà cosparso di impronte di mani, eppure lei rimarrà eternamente giovane, pura, quasi illibata. Un’essenza unica che non è facile da trasmettere.

Parola e corpo, sono un’equazione importante. Come la risolvete?

S: Mi dispiace, ma non è un’equazione. Sono piuttosto come le forze opposte di un arco. Nel teatro, l’una richiede l’intervento dell’altra, perché, reciprocamente, prendano vita.

L: Non la risolvo, infatti quando mi si vede in scena recito in playback! A parte gli scherzi, non esiste una sola equazione, a mio avviso è sempre diversa. Essere guardati oltre che ascoltati amplia il messaggio ad una portata incredibile, e questo può essere un aiuto ma anche un grosso ostacolo. Ci sono testi che richiedono grande corporeità e una forte presenza scenica, altri in cui la forza risiede tutta nella parola e il corpo deve solo accompagnarla. Il teatro però, come dici tu, ha bisogno di entrambi i fattori per essere in equilibrio: è la forma. Una ricerca nella quale, anche da Renzo, siamo sempre invitati a porre grande attenzione, non è solo cosa, ma è come. Ah, scusa, la domanda era come la risolvo io? Bella domanda.

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