Discorso sopra agli “Atti unici”



a cura di Anna Castoldi
disturbata da Francesca e Giorgio

Campanile non fu giornalista, romanziere o sceneggiatore, bensì tutte queste cose insieme: non c’è campo che la sua penna non abbia solcato, con l’inchiostro che sgorgava inesauribile dalla sua vena creativa. Si dedicò al teatro con gusto, lasciandoci quel capolavoro disarmante che sono gli Atti Unici. Ora, non chiedetemi quando siano stati scritti: il volume “Atti Unici” non c’è. Si tratta di brevi pezzi da recitare, appunto, in un unico atto, scritti da Campanile in diversi momenti della sua carriera, confluiti ora in questa, ora in quella raccolta. Posso dirvi che Delitto a villa Roung apparse nel 1939 sulla rivista “La lettura”; Acqua minerale si può datare al 1956; L’occasione e Il nuovo pensionante furono pubblicati postumi, nel 1984, in “Ridotto”. D’altra parte, non dobbiamo pensare a un percorso lineare…

BRADIPO GIANSENISTA: scusa, ma io non sono d’accordo.

PAPPAGALLO NOIR: scusa, ma sto scrivendo io.

BRAD: vuoi dire che stavi scrivendo tu, nell’attimo passato. Ma il tempo non è una linea e nemmeno un percorso: è più uno strano animale a pois, che non si fa in tempo a vederlo e già è sparito.

NOIR: tanto meglio.

TOPORAGNO IPERMETROPE: Brad ha ragione.

BRAD: naturale.

NOIR: sst! non spoilerare.

BRAD: Ops…

TOPO: intendo dire che la riflessione sul tempo percorre più di un atto unico.

NOIR: vero. E i personaggi non si limitano a interrogarsi sul tempo: lo afferrano, lo sfilacciano, lo tirano e tendono sforzandosi di avvolgercisi dentro.

TOPO: Dramma di mezzanotte tenta di liberarsi del tempo impossessandosi di un attimo che in realtà non esiste; Il nuovo pensionante, invece, vuole fabbricare ore e giorni spostando le lancette sempre più indietro.

NOIR: due modi a loro modo ingegnosi di sfuggire all’impasse di questo dilemma.

BRAD: non ho capito.

TOPO: rileggi.

CAMERIERE: volete ordinare?

NOIR: mmsì. Per me un occhio di bue.

TOPO: per me una pasta al dente.

BRAD: io due foglie di te.

(il cameriere annota e se ne va)

BRAD: (corrucciato) forse avrei dovuto prendere ippopotamo col purè. Qua dice che se fai indigestione di martedì ti regalano un set di fusibili.

NOIR: ne dubito.

TOPO: e poi non sapresti come usarlo. Campanile, invece, sì che sapeva usare le parole. Le avvitava e martellava, le faceva scontrare a colpi di giochi e nonsense, ne saggiava ogni potenzialità: non solo quelle insite nel significato, ma anche quelle legate al contesto, alla situazione, al tono. Pensate a La moglie nervosa.

BRAD: secondo me lui, delle parole, non sapeva che farsene: per questo le ficcò negli Atti Unici. Ironizzò pure sull’inflazione linguistica dei nostri giorni: sempre più parole, sempre più inutili. Basta leggersi Il biglietto da visita.

NOIR: il punto di partenza è la più comune delle situazioni; poi, da una crepa, filtra l’assurdo. Allora i personaggi si destreggiano tra la rassicurante banalità della vita di tutti i giorni e un universo surreale: la frizione tra i due piani manda linguaggio e convenzioni in cortocircuito.

CAMERIERE: ecco qua.

(Il cameriere deposita i piatti e se ne va. I tre lo seguono, pensosi, con lo sguardo)

BRAD: certo che il cameriere…

TOPO: già, è una figura costante negli Atti Unici: più sensato della media dei personaggi, discreto, indispensabile per legare il nonsense al sense.

NOIR: sì, come un ago che si tuffa nel tessuto della realtà, vive sotto il livello del testo e poi emerge con il filo rosso del paradosso, di cui salda le cuciture.

BRAD: come?

NOIR: o nel tessuto del paradosso per emergere con il filo rosso della realtà. Come preferisci.

BRAD: è strano, il cameriere non è mai il protagonista, ma a tratti sembra l’eroe.

TOPO: non è strano, se pensi che una caratteristica di Campanile è il rovesciamento dei ruoli, la sovversione, il paradosso…

BRAD: dagli con sto paradosso.

TOPO: … nonché la parodia delle convenzioni e dei generi letterari. Delitto a villa Roung è emblematico in questo senso: gli ingranaggi che muovono il racconto sono messi a nudo al punto che la vicenda ne è ingoiata. Ciò che conta non è più la storia in sé, ma il meccanismo a essa sotteso; è una sovversione della letteratura stessa.

NOIR: eppure ciò che appare sul palcoscenico è sempre una storia, per quanto una metastoria.

TOPO: ed ecco spuntare il paradosso.

NOIR (con giubilo): sì!

(Il cameriere si avvicina)

TOPO: state chiudendo?

CAMERIERE: stiamo aprendo: siete rimasti tutta la notte. Porto la colazione?

BRAD: se è mattina, quasi quasi, io vorrei la cena…

NOIR: sst! non spoilerare.

* Nessun animale è stato maltrattato durante l’elaborazione di questo articolo. Se avete gradito, condividete. Se non avete gradito, cercate il participio passato del verbo soccombere. Se indovinate a quali membri della redazione corrispondono i personaggi, vi regaliamo una zangola.